Scrivere sulle grotte del Finale, sulle quali esiste peraltro una ragguardevole articolistica, è come intraprendere un lungo viaggio nel tempo!
Parecchie decine di milioni di anni fa il territorio era sostituito da un'ampia insenatura: con il susseguirsi dei millenni questo golfo è stato gradualmente riempito dall'accumulo di resti organici (soprattutto di organismi calcarei)che si sono lentamente trasformati in roccia. Tutta una serie di sollevamenti ed inabissamenti del suolo hanno fatto sì che quest'ultimo sia stato sottoposto all'erosione da parte dei fiumi e degli agenti atmosferici. Nel sottosuolo si sono accentuati i fenomeni carsici che, con il passare del tempo, hanno scavato caverne ed antri di varia lunghezza: le grotte accertate del Finalese sono ca. 140!
Alcune di esse hanno raggiunto dimensioni tali da servire da rifugio prima di grossi animali (fra i quali spicca l'"Ursus Spelaeus") e poi anche dell'uomo. Le tracce di questi insediamenti successivi sono giunte sino a noi e possono essere ammirate nel
Museo Archeologico del Finale.
L'asprezza del territorio, poco adatto alle coltivazioni, non ha permesso il proliferare di colonie umane numerose. Tuttavia qualche traccia dell'uomo preistorico è rimasta, oltre che nelle caverne, a Camporotondo (ampio cerchio megalitico), sulla Rocca di Perti (Villaggio delle Anime)e nelle vicinanze di Verzi (simulacro del dio celtico Penn).
Le grotte ci hanno permesso una parziale ricostruzione del passato e del discreto grado di civiltà raggiunto dai nostri antenati, attestato dal modo di inumazione dei morti, talora raffinato se raffrontato ai parametri dell'epoca.
Pur non esistendo caverne delle dimensioni di quelle di Toirano o Pietra Ligure, devono essere ricordate almeno cinque grotte del Finalese:
La spiaggia a novembre
