Il complesso religioso di
Santa Caterina a Finalborgo
3) Conclusioni
Dopo la
caduta di Napoleone, in Liguria venne restaurato il governo
sabaudo: su espressa richiesta delle autorità locali
Don Ludovico Folchi
ottenne per l'Ordine Domenicano il reinserimento possesso dell'edificio:
a partire da questo evento iniziò
quindi una lenta ripresa del complesso conventuale. I fondi per il
restauro (reso necessario dal'uso dei
soldati francesi) furono reperiti con alienazioni di parte dei beni restituiti dal
Regio Demanio (1825-1829): la popolazione contribuì con
donazioni (alle quali non si sottrasse il Folchi, la cui famiglia
si segnalò per la destinazione di una quota dei proventi delle sue
proprietà immobiliari di Rialto. Tuttavia i fabbricati mostravano
sempre i segni del tempo e delle vicissitudini sopportate a
partire dal XVI
secolo: sarebbe stato addirittura meno
costoso procedere alla costruzione di una nuova chiesa. Venne
comunque scelto un progetto che prevedeva una radicale
ristrutturazione degli spazi esistenti. Il 23 Aprile 1826 iniziò
la demolizione dell'abside e nell'aprile 1829 ebbe luogo la
ristrutturazione dell'intero complesso: la nuova chiesa, pur
ricalcando sostanzialmente la precedente planimetria, venne
ridotta ad un'unica sala (vennero infatti abbattute quattro
colonne centrali), sopraelevata e con l'abside rivolta nella parte
opposta rispetto alla configurazione del passato. ll giorno 25
aprile 1831 il Padre
Provinciale Don Giacinto Cippolletti diede la
sua approvazione alle spese sostenute (la Cappella del Rosario fu
ultimata alcuni mesi dopo), ammontanti a 20.649,8 lire: nello
stesso giorno la chiesa fu riaperta al culto. I lavori di
abbellimento continuarono sino al 1844. Il complesso
domenicano, relegato ad un ruolo secondario per il suo ambito
strettamente locale, non riuscì più a ritrovare gli antichi
splendori, nè l'antica funzione pubblica: avvolto in una pesante
crisi finanziaria, fu obbligato ad ulteriori cessioni dei propri
beni, il cui provento venne destinato al pagamento delle opere di
ristrutturazione ed al mantenimento dei pochi monaci rimasti. La
politica sabauda nei confronti degli enti ecclesiastici fu
fedelmente seguita dall'Amministrazione Civica locale: i rapporti
con le autorità diventarono sempre più "complicati" e portarono
al terminea della plurisecolare esistenza della struttura:
infatti, in
ottemperanza alle nuove leggi emanate dai Savoia in materia religiosa, il
13 febbraio
1864 la forza pubblica entrò nel convento e costrinse i pochi
residenti ad allontanarsi.
La
diaspora del patrimonio artistico (quadri, sculture, arredi
sacri), che fu parzialmente spostato in musei e pinacoteche liguri, privò il Finalese di opere d'arte
di rara bellezza: per fortuna la maggior parte delle opere fu
trasferita nella vicina chiesa di San Biagio. Nello stesso tempo gli edifici vennero
sconvolti da una nuova terribile ristrutturazione che li adattò
alla nuova funzione penitenziaria: Santa Caterina diventò un
carcere e tale rimase sino al 1965, quando la proprietà passò al
Comune di Finale Ligure. In San Biagio a Finalborgo è possibile
ammirare il maestoso Mausoleo Funebre di Sforza Andrea del Carretto (in
alto sopra l'entrata), alcuni altari seicenteschi, la splendida
ancona di Oddone Pascale (1533) e numerosi dipinti, fra cui il
polittico della Confraternita di Santa Caterina (Ambito Del Fasolo,
1513?).
Nel corso delle ristrutturazioni
e ricognizioni operate negli ultimi decenni, nella
Cappella di Santa Maria (rettangolare e molto alta), che nella
chiesa trecentesca era posizionata nella navata destra, è venuto
alla luce uno splendido ciclo di affreschi alto-medioevali di
autore ignoto che riproducono episodi della vita di Maria e di
Gesù e che una volta ricoprivano l'intero ambiente: nonostante manchino
molte parti, l'insieme delle raffigurazioni è sicuramente il più importante fra quelli esistenti
in Liguria. Il complesso è stato quasi completamente
ristrutturato anche in epoca recente. I due chiostri sono ora visibili
in tutta la loro bellezza, anche se forse si è un pò ecceduto
nell'inserimento di parti in stile moderno (quali ad esempio
finestroni
in struttura metallica
e vetro) e sono accessibili al pubblico.
L'interno della chiesa (da tempo sconsacrata) mostra ancora i
segni dell'antico splendore (anche se completamente privo di
arredi sacri) negli archi a sesto acuto che si intravedono
inseriti nelle pareti: sotto la pavimentazione sono sempre
presenti, invisibili alla vista, le tombe della famiglia Del
Carretto, i cui componenti sono stati qui inumati a partire dal
1359). Per quanto concerne l'attuale utilizzo, i locali
conventuali ospitano il Museo Archeologico del Finale e la
Biblioteca Civica, mentre l'interno della chiesa è attrezzato a
sala conferenze. Periodicamente nel complesso si svolgono
esposizioni di opere d'arte (pitture, sculture, oggettistica). |